Hai avuto un incidente stradale? Inviaci tutto quello è successo, studieremo il tuo caso per quantificare il tuo risarcimento.
Quando si subisce un incidente stradale per fatto illecito altrui, si ha diritto ad essere risarciti dei danni tutti subiti: patrimoniali (danno emergente, lucro cessante, danno da perdita della capacità lavorativa, spese mediche), non patrimoniali (danno biologico e/o alla salute).
Per la individuazione delle poste risarcitorie rivendicabili è bene affidarsi ad avvocati specializzati nella infortunistica stradale, in grado di assistere e rappresentare il danneggiato nelle complesse ed estenuanti trattative con le Compagnie assicurative. Sovente le dinamiche dei sinistri, quali emergono dagli atti della Polizia Giudiziaria, sono poche chiare e starà allora al professionista specializzato provare a monte il diritto al risarcimento, ricostruendo la dinamica stessa anche attraverso consulenze cinematiche e la ricerca degli elementi di prova.
L'avvocato Federico Alfredo Bianchi vanta una esperienza pluriennale nell'assistenza di tutte le categorie di vittime della strada: automobilisti, motociclisti, camionisti, ciclisti, pedoni, utenti del trasporto pubblico, anche nei confronti di veicoli non assicurati. Lo studio procede ad un esame preliminare, totalmente gratuito, del caso, sviscerato in tutti gli aspetti: dinamica, danni risarcibili, supportato dai propri tecnici, medici-legali, consulenti cinematici. Una volta valutata la sussistenza dei presupposti per far valere il diritto al risarcimento danni si procederà, ove il danneggiato si determini in tal senso, al conferimento formale dell’incarico professionale. Lo studio verrà compensato solo in caso di vittoria.
Il sistema della responsabilità aquiliana, fondato sull’art. 2043 cc, che regola la ‘sedes materiae’, prevede che qualunque fatto doloso o colposo che cagioni ad altri un danno ingiusto obbliga colui che lo ha commesso a risarcirlo. Principio quello appena rassegnato suscettivo di applicarsi ai fatti illeciti verificatisi nella circolazione stradale, costituendo in capo ai conducenti che abbiano contravvenuto al Codice della Strada ed alla Legge, determinando danni a terzi, l’obbligo di risarcire.
A norma dell’articolo. 2054 co. 2 c.c., in caso di incidente stradale che coinvolga due o più veicoli, si presume, fino a prova contraria, un concorso di colpa, vale a dire che tutti i conducenti abbiano contribuito in egual misura alla produzione del sinistro. Il proprietario di un veicolo è responsabile in solido con il conducente, salvo che provi che questi abbia usato il veicolo contro la sua volontà.
Alcuni comportamenti da osservare in caso di incidente:
1. Chiedere l’intervento dell’Autorità e del 118.
2. Pretendere lo scambio delle generalità con la controparte: generalità del conducente e del proprietario, modello e targa del veicolo antagonista; estremi assicurativi;
3. Fotografare il teatro del sinistro, ricercare testimoni da indicare all’Autorità;
4. Recarsi al Pronto Soccorso entro 24 ore;
5. Contattare prima possibile un avvocato specializzato nella infortunistica stradale.
Come contattarci
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• Tamponamenti
• Frontali
• Collisioni laterali
• Ribaltamento della vettura
• Investimento di pedoni
• Incidenti multipli tra veicoli
• Incidenti con omissione di soccorso
• Incidenti in autorimesse
• Incidente causato da uso di cellulare
Tipologie di veicoli comunemente coinvolti in incidenti stradali
In relazione ai veicoli coinvolti le conseguenze potranno essere diverse:
• Incidenti motociclistici
• Incidenti automobilistici all'estero
• Incidenti che coinvolgono camion o autoarticolati
• Incidenti su trasporti pubblici
• Incidenti bicicletta e automobile
• Incidenti con fuoristrada
MANCATA OSSERVANZA DELLA DISTANZA DI SICUREZZA I conducenti devono tenersi ad una distanza di sicurezza dai veicoli che precedono, utile a garantire l'arresto tempestivo del mezzo in caso di frenata improvvisa di questi ultimi.
DISTRAZIONE ALLA GUIDA
I fattori più comuni di distrazione alla guida sono: utilizzo del telefono cellulare, non tenere, in generale, entrambe le mani sul volante perché impegnati in altre attività, distogliere lo sguardo dalla strada.
GUIDA IN STATO DI ALTERAZIONE PSICO FISICA
Chi guida sotto l’effetto di sostanze alcoliche o psicotrope integra in primo luogo precise fattispecie di reato, nel primo caso allorquando il tasso alcolemico superi lo 0,8 g/l, nel secondo caso sempre. È deduttivo che chi guidi in uno stato di alterazione psico-fisica sia più esposto ai sinistri, reagendo più tardi allo stato di pericolo.
CONDIZIONI ATMOSFERICHE
Pioggia, nebbia, neve, ghiaccio, vento minano ad un tempo la capacità di avvistamento del conducente e la stabilità del veicolo sulla sede stradale.
STRADA DISSESTATA
Le insidie della strada, quali le buche, la carenza di segnaletica, sono ulteriori fattori che possono favorire tamponamenti.
BAMBINI, ANIMALI E PEDONI
Fauna selvatica, cani randagi che possano attraversare improvvisamente la strada, infanti sfuggiti al controllo dei genitori, attraversamenti improvvisi di pedoni fuori dalla segnaletica preposta, possono costringere i conducenti ad arresti improvvisi.
INCIDENTI
I cambi repentini di corsia possono determinare parimenti frenate brusche.
STOP NON FUNZIONANTI
Il mancato funzionamento degli Stop impedisce di dare avviso all’auto che segue della manovra di arresto di quella che precede.
GUASTO DEL VEICOLO
Le vetture in avaria sulla sede stradale, non segnalate, sono sovente causa di frenate improvvise e tamponamenti da parte di chi segue
COLPO DI FRUSTA: Diagnosticato anche come cervicalgia o verticalizzazione della curva lordosi, è determinato prevalentemente da tamponamento, dal 2012 se ne riconosce il risarcimento soltanto a fronte di esami strumentali di accertamento della lesione. In tal senso sarebbe opportuno che la lesione venisse certificata da subito presso il Pronto Soccorso a mezzo di una lastra, onde evitare che a distanza di tempo la Compagnia possa eccepire la interruzione del nesso di causalità. Pur venendo liquidato nella prassi quale esito di invalidità permanente c.d. micro permanente, normalmente nell’ordine di 1/2 punti di I.P., a livello sintomatologico determinata diversi problemi suscettivi di compromettere la qualità della vita, quali: cefalea, nausea, dolenzia nella zona cervicale, mal di testa, mancanza di equilibrio.
LESIONI ALLA SCHIENA: Il trauma spinale è causato da un danno al midollo spinale che si traduce in un ematoma (chiamato anche una contusione), una lesione parziale o una lesione completa. Poiché il midollo spinale è il vettore centrale di segnali in tutto il corpo, danni al midollo spinale possono avere gravi conseguenze. Una lesione del midollo spinale, a seconda della sua posizione e della gravità, può comportare una perdita parziale o totale di movimento, sensibilità, e funzione di organo. Vi è un range di gravità nelle lesioni del midollo spinale. Una lieve contusione del midollo spinale può causare la perdita di solo qualche funzione al di sotto del sito della lesione. Un transezione completa, o lacerazione del midollo spinale, è una perdita totale e permanente della sensibilità e movimento sotto il sito della transezione. I pazienti con trauma spinale sono anche suscettibili allo sviluppo di infezioni vescicali, polmonari e cutanee. Le cause primarie di lesioni del midollo spinale sono incidenti stradali (44% dei casi), la violenza (24%), le cadute (22%), e lo sport (8%).
LESIONI AL VISO E ALLA TESTA – AIRBAG: L’airbag (talvolta indicato anche come SRS-Supplementary Restraint System) ha rappresentato e rappresenta un aiuto indispensabile nella prevenzione e nella riduzione delle conseguenze degli incidenti automobilistici. L'airbag non sostituisce la cintura di sicurezza, ma ne migliora l'azione protettiva impedendo che la testa o il tronco urtino violentemente contro parti interne dell'abitacolo. Fu inventato nel 1952 da John W. Hetrick e brevettato nell’anno successivo. Venti anni dopo trovò la prima applicazione in una autovettura di produzione, la Oldsmobile Toronado. In Europa la prima casa automobilistica ad offrirlo come optional fu la Mercedes nel 1980. Non se ne discutono i benefici; tuttavia, una volta esploso l’airbag, in assenza di altre lesioni, si è visto come la pelle sia esposta a qualche effetto indesiderato, peraltro transitorio e di lieve intensità. Capire cosa avviene sulla cute presuppone una conoscenza del funzionamento dell’airbag.
LESIONI AL POLSO, ALLE DITA, ALLA MANO E AL BRACCIO: Le fratture del polso sono sicuramente i traumi più frequenti, poi tutte le ossa della mano – che sono numerose – possono rompersi e andare incontro a fratture e ognuna ha trattamenti specifici. Le ossa poi sono unite da legamenti, che possono lacerarsi. Sono lesioni molto importanti, che sul momento possono non rendersi evidenti; il paziente se le trascina così per molto tempo e quando iniziano a comparire i sintomi è tardi per effettuare un trattamento primario. Ci sono poi le lussazioni, le ferite, i traumi da schiacciamento e le amputazioni. In caso di amputazione è bene seguire alcune accortezze: il pezzo amputato non va disinfettato e non va bagnato. Lo si avvolge in una garza o in un fazzoletto, lo si mette in un sacchetto di plastica chiuso e sigillato e il sacchetto si immerge in acqua e ghiaccio. Conservato in questo modo un segmento distale può essere reimpiantato anche molte ore dopo.
LESIONI DA CINTURA DI SICUREZZA: Tutti sanno come è fatta una cintura di sicurezza: c’è una parte obliqua che va a coprire il torace e una orizzontale in basso. Non tutti però sanno che, ad esempio, la banda orizzontale dovrebbe stare al di sotto delle prominenze ossee del bacino e non sull’addome. Nel caso di un incidente e quindi di una violenta decelerazione, la fascia orizzontale, se è posta sulla pancia, va a colpire i visceri addominali come il pancreas e il duodeno. Può anche causare fratture vertebrali da flessione: traumi che è importante scoprire il più presto possibile. Anche l’uso adeguato delle cinture di sicurezza dà delle lesioni soprattutto a torace e bacino, ma, naturalmente, senza le cinture molto probabilmente non ci sarebbe stata neanche la possibilità di verificare una lesione. Quindi lasciamo perdere le leggende su cintura sì o cintura no. Nel caso di donne incinte, la cintura va sempre indossata.
L’incidente classico, quello che dà origine al maggior numero di presunte truffe in Italia per via del risarcimento da colpo di frusta: è il tamponamento fra 2 veicoli. Ossia un'auto che da dietro, col muso, colpisce la parte posteriore della vettura davanti. Sta tutto scritto nell'articolo 149 del Codice della Strada: quando guidate, dovete tenere, rispetto al veicolo che precede, una distanza di sicurezza tale che sia garantito in ogni caso l'arresto tempestivo e siano evitate collisioni con i mezzi davanti. In parole semplice, devi essere così prudente e distante da non tamponare. Detto così, pare che esista un concetto semplice, che riguarda l'incidente fra 2 auto: chi tampona ha sempre torto al 100% (subirà un fortissimo rincaro Rca e nessuno gli rimborserà i danni alla propria auto), chi viene tamponato ha sempre ragione del tutto e avrà il risarcimento dei danni alla vettura e fisici. Ma nella pratica quotidiana le situazioni sono tante e tali che si sono sovrapposte decine di sentenze per smentire, ogni tanto, quel principio.
Le prove: In base al Codice della Strada, se tamponate è colpa vostra al 100%, a meno che dimostriate il contrario: dovete provare che il tamponamento si è verificato per cause in tutto o in parte a voi non imputabili. Se davvero la responsabilità del tamponamento non è vostra, o è vostra solo in parte, servono prove. Solo per fare uno dei tanti esempi, l'auto davanti a voi procede quasi al limite di velocità, c'è il semaforo verde e, per cause ignote, frena di colpo, inchiodandosi: in un caso del genere, a vostra discolpa, potreste invocare il fatto che era verde, che non c'erano ostacoli, e che per il tipo di strada (ampia, con limite elevato) e per il tipo di traffico la vostra distanza di sicurezza era sufficiente.
Eccezioni: Esistono però delle eccezioni al principio che chi tampona ha sempre torto. Ecco un esempio: il veicolo A è davanti al veicolo B ed entrambi i veicoli si fermano. A un certo punto il mezzo A davanti innesta la retromarcia e colpisce la parte anteriore del veicolo B. Questi è colpevole del tamponamento? Assolutamente no: innocente al 100%. Purché dimostri che l'incidente è stato causato dall'altro guidatore.
Per provare la negligenza della controparte è necessario essere in possesso di prove valide Utilissimi a tal fine, un legale, testimoni, un verbale di sinistro delle Forze dell'ordine. Ovviamente, più il sinistro è complesso, e magari con risarcimenti importanti (sono in ballo lesioni fisiche gravi), più importanti gli elementi a propria discolpa: serve stabilire la corretta dinamica del sinistro stradale attraverso rilievi fotografici, planimetrici (nel caso di intervento delle forze di polizia), dichiarazioni testimoniali e dei protagonisti. È chiaro che, se ci sono di mezzo testimoni, la situazione diventa ancora più complessa, perché si tratta di voci facilmente alterabili o manipolabili. La colpa, in caso di tamponamento, potrebbe anche essere divisa al 50% fra i 2 guidatori coinvolti. Chi ha tamponato deve dimostrare che il mezzo davanti non ha rispettato il Codice della Strada o non ha tenuto una condotta di guida prudente. In difetto di prove convincenti, è anche possibile che le responsabilità non vengano divise a metà: magari potreste avere voi un 25% e l'altro conducente un 75%. Con riflessi anche a livello di risarcimento assicurativo.
Fotografie: Il consiglio che ci sentiamo di darvi è che, in caso incidente stradale che vi abbia coinvolti, vi preoccupiate di scattare più foto possibili, da ogni angolatura del campo teatro del sinistro, anche utilizzando il vostro cellulare. Non trascurate nulla: fotografate le parti danneggiate dei veicoli coinvolti, gli abitacoli, eventuali testimoni, tracce sul manto stradale; elementi di prova questi ultimi che potranno rivelarsi decisivi in sede di trattativa con la Compagnia assicurativa o in giudizio.
Verbale della polizia: Il verbale della Autorità intervenuta è la prova principe dell’incidente e spesso della sua dinamica. Può essere richiesto alla Autorità intervenuta e sarà disponibile in 7 gg. in caso di danni a cose, in 120 gg. in caso di lesioni. In caso invece di procedimento penale pendente si renderà necessario chiedere il nulla osta al magistrato.
Referto medico: Per ottenere il risarcimento, è necessario portare tutti i documenti e i certificati medici che attestano i danni fisici subiti. In particolare ti è stato detto che senza una radiografia non potrai mai ottenere alcuna somma. Sei ben disposto a sottoporti a visita medica, anche perché hai già il certificato del pronto soccorso che parla chiaro e che ti dà una prognosi di qualche giorno. Tuttavia, ti sembra eccessivo esporti a dei raggi quando già il medico dell’ospedale, come quello di base, hanno attestato il tuo stato di salute. Così ti chiedi quale potrebbe essere l’orientamento di un giudice se, nel caso in cui ti fosse negato il risarcimento, dovessi essere costretto ad andare in causa contro la compagnia. Insomma, in caso di incidente stradale, quali certificati medici sono necessari? La questione è stata decisa quest’anno da una sentenza della Cassazione che ha il merito di spezzare una lancia a favore degli automobilisti. Vediamo, più nel dettaglio, cosa è stato detto dai giudici in questa occasione. La sentenza della Cassazione in commento ha però attenuato la rigorosità della norma, stabilendo che l’esame strumentale non è necessario laddove vi sia comunque un’attestazione del medico a confermare la lesione del paziente. Insomma, la radiografia può essere sostituita da un certificato che comprovi il colpo di frusta o qualsiasi altra conseguenza fisica, anche se di lieve entità, ossia sotto i 9 punti percentuali di danno biologico. Per ottenere il risarcimento dall’assicurazione basta che il danno alla persona sia riscontrato da una semplice visita medica. La Cassazione non sembra privilegiare il riscontro di uno specialista del settore, ma è sicuramente da preferire la struttura pubblica a quella privata. L’accertamento clinico strumentale obiettivo potrà essere ritenuto necessario e indispensabile solo se si tratta di una «patologia difficilmente verificabile sulla base della sola visita del medico legale» e che per questo «sia suscettibile di riscontro oggettivo soltanto attraverso l’esame clinico strumentale». Secondo i giudici supremi, il danno di lieve entità (anche chiamato lesione micropermanente), come il colpo di frusta, va risarcito anche in assenza di una radiografia nonostante la riforma del 2012. Difatti il ruolo del medico è insostituibile, medico che peraltro è anche pubblico ufficiale e non può affermare il falso. Imporre una prova piuttosto che un’altra sarebbe del resto incostituzionale.
Rivolgersi a un buon avvocato è fondamentale in presenza di incidenti stradali che oltre alle cose hanno coinvolto anche le persone e per i quali la procedura del risarcimento danni risulta difficile. Per ottenere il risarcimento la prima cosa che l’avvocato deve fare è inviare una richiesta a mezzo lettera raccomandata a/r con allegata tutta la documentazione necessaria. Attenzione però. Se dopo il sinistro sono intervenute le autorità, le compagnie non liquidano il danno fino a quando non arriva la relazione dell’incidente. Una volta che l’avvocato ha inviato la richiesta di risarcimento danni occorre determinare il quantum di cui si ha diritto, tenendo conto di tutte le variabili possibili (danni al veicolo, danni fisici, danni morali, rimborso per le spese mediche, diminuzione del reddito ecc.). Quando tutto è pronto si arriva alla trattativa col liquidatore per ottenere il risarcimento danni. Trattativa che si concluderà in maniera positiva se la pratica è stata ben istruita e il liquidatore ha a sua volta come interlocutore un avvocato. Alla fine, se fila tutto liscio la parte lesa viene risarcita, mentre in caso contrario bisognerà andare davanti a un giudice.
Questa tipologia di incidente è dovuta soprattutto a: stanchezza e sonnolenza del conducente, utilizzo di telefoni cellulari, segnali stradali e semafori guasti, condizioni alterate e strada danneggiata.
Non esistono statistiche a dare conferma, ma l’impressione è che sempre più auto si ribaltino a seguito di incidenti stradali. Colpa delle auto o di chi guida? Il dito va puntato contro telefonini e altre distrazioni mentre si è al volante. Un ribaltamento è quasi sempre correlato a un mix tra velocità e una distrazione. Ci si ravvede in modo brusco e allora si frena, spostando il peso tutto sull’avantreno poi si sterza e allora il telaio scarica su un angolo e la vettura diventa completamente incontrollabile e si stacca da terra. Dipende. Certo, oggi ci sono tutta una serie di sistemi come l’Esp che bilanciano la frenata, evitando di scaricare il peso in modo troppo brusco. Tuttavia, ci sono auto e auto, alcune hanno un bilanciamento migliore, altre peggiore. Specie quelle con baricentro più alto e con passo più corto, che trasferiscono più velocemente il peso verso l’avantreno. È come sedere su uno sgabello o su un divano, è evidente che il primo tenda a ribaltarsi più del secondo in caso di manovra brusca. Sì, sono successi episodi come quello delle Mercedes Classe A, a cui si è posto rimedio montando l’Esp e spostando il baricentro. Ma nell’ordinario diremmo che pesa di più l’errore umano che l’aspetto tecnologico. I telefonini su tutte, ma anche i navigatori. Del resto basta guardare le pubblicità e si vede come si promuovono più gli accessori che la vettura. Una gran parte degli incidenti è causata dalle distrazioni, una telefonata un messaggino e quando si alza la testa si cerca di correggere la situazione all’improvviso e in modo irrazionale. Innanzi tutto, si dovrebbe guidare e basta in uno stato psicofisico adatto. Ma se proprio si affronta un pericolo improvviso si dovrebbe evitare la frenata brusca: mantenere la velocità costante e correggere senza falsare la distribuzione dei pesi per evitare uscite di strada e ribaltamenti. Nei corsi di guida sicura si chiama ‘Prova dell’alce’.
Quando, a seguito di un incidente stradale, riceviamo un’offerta di risarcimento da parte della compagnia di assicurazione, non sappiamo quasi mai con esattezza se l’importo sia giusto, equo o se abbiamo diritto a qualcosa di più.
Sapere che l’offerta di risarcimento viene fatta da chi poi ci dovrà materialmente pagare l’importo ci mette sempre qualche dubbio sulla corretta valutazione del danno. Come dobbiamo comportarci quando l’offerta di risarcimento danni dell’assicurazione ci sembra troppo bassa? Quando il danneggiato riceve l’offerta di risarcimento da parte della compagnia assicurativa ha il diritto di accettarla o di rifiutarla. Non è obbligatorio accettare un indennizzo se non ci sembra giusto.
Secondo il comma 2 dell’articolo 148 del Codice delle assicurazioni private, la compagnia ha l’obbligo di proporre al danneggiato, entro i termini prestabiliti, una congrua e motivata offerta per il risarcimento dei danni che ha subito, oppure di comunicargli i motivi di un eventuale rifiuto.
Al comma 6 viene inoltre specificato che nel caso in cui il danneggiato accetti l’offerta di risarcimento, la compagnia ha 15 giorni di tempo dalla risposta per effettuare il pagamento dell’indennizzo.
Quando accetta l’offerta dell’assicurazione, il soggetto danneggiato deve rilasciare una quietanza liberatoria nella quale dichiara di aver ricevuto quanto gli spetta e di non aver più nulla da pretendere.
In caso invece di rifiuto dell’offerta o decorsi trenta giorni dalla comunicazione senza alcuna risposta dal danneggiato, la compagnia d’assicurazioni è tenuta comunque ad effettuare il pagamento del risarcimento entro 15 giorni.
In questo caso l’importo risarcito sarà considerato solo come un acconto sulla liquidazione del maggior danno.
L’incasso di questo importo quindi non determina la chiusura della pratica di risarcimento e non può essere considerata un’accettazione da parte del danneggiato.
Quindi, quando l’offerta dell’assicurazione ci sembra troppo bassa possiamo non accettarla e, nonostante ci venga pagata, abbiamo comunque il diritto, magari con l’aiuto di un professionista esperto in materia, di ottenere un maggiore e più giusto risarcimento per tutti i danni patiti.
Il pedone che venga a trovarsi investito da un automezzo normalmente subisce delle lesioni fisiche, più o meno importanti a seconda della velocità del veicolo, del suo peso ecc. In questo caso il danneggiato deve immediatamente fare intervenire dei sanitari per la somministrazione delle prime cure oppure recarsi immediatamente presso la più vicina unità di pronto soccorso per farsi repertare e per svolgere i primi accertamenti strumentali (radiografie, ecografie ecc.) Sul posto è sempre opportuno individuare dei testimoni del fatto che possano successivamente riportare la dinamica dell’incidente e questo anche a prescindere dal fatto che il conducente del mezzo ammetta verbalmente la propria responsabilità. Resta infatti sempre a carico del pedone la prova del fatto storico dell’avvenuto investimento e delle sue modalità. Inoltre, se possibile, è consigliabile fare intervenire sul posto delle autorità di pubblica sicurezza (ad es.: Carabinieri, Vigili urbani) affinché predispongano un verbale sull’accaduto. Ovviamente è necessario richiedere e ottenere dal conducente tutti i dati del mezzo, della Compagnia assicuratrice e i suoi riferimenti personali che, in caso di intervento delle Autorità, verranno inseriti nel verbale.
Il pedone danneggiato deve richiedere il risarcimento dei danni subiti (fisici, patrimoniali e non patrimoniali) inviando una lettera raccomandata:
al conducente;
al proprietario del mezzo (se è diverso dal conducente)
alla Compagnia che assicura il veicolo.
La richiesta di risarcimento danni deve indicare: il nominativo del soggetto che ha diritto al risarcimento;
le circostanze di tempo e di luogo nelle quali è avvenuto il sinistro;
la dinamica dell’incidente;
il codice fiscale del danneggiato (o dei soggetti che hanno diritto al risarcimento);
l’età, l’attività e il reddito del danneggiato;
l’entità delle lesioni subite;
l’attestazione medica che dimostri l’avvenuta guarigione; una dichiarazione attestante che il danneggiato non ha diritto ad alcuna prestazione da parte di istituti che gestiscono assicurazioni sociali obbligatorie (come ad esempio l’INAIL)
oppure una dichiarazione che specifici di quali prestazioni il danneggiato può beneficiare;
lo stato di famiglia della vittima in caso di incidente mortale.
In ogni caso è sempre opportuno specificare
se sono intervenute delle autorità di pubblica sicurezza e se hanno redatto un verbale (eventualmente sanzionando uno dei conducenti);
se sono intervenuti dei medici o dei sanitari, indicando a quale struttura sanitaria appartenevano.
Come abbiamo visto non opera in questo caso il sistema dell’indennizzo diretto, ma la procedura di risarcimento è quella disciplinata dall’art. 148 del Codice delle Assicurazioni Private. Infatti, una volta ricevuta la richiesta di risarcimento la Compagnia apre il sinistro e ne da comunicazione al danneggiato inviandogli una comunicazione che contiene i riferimenti della pratica (numero di sinistro, ufficio che provvede alla trattazione, recapiti telefonici e orari nei quali è possibile contattare il liquidatore).
Entro 90 giorni dal ricevimento della documentazione la Compagnia assicuratrice è obbligata a: formulare al danneggiato un’offerta di risarcimento;
comunicare al danneggiato i motivi per i quali ritiene di non formulare nessuna offerta (si pensi al caso in cui la Compagnia ritiene che il sinistro non sia mai avvenuto).
Il termine è ridotto a 60 giorni nel caso in cui il danneggiato abbia subito solo danni a cose(ipotesi peraltro molto difficile da realizzarsi in caso di investimento di pedone, dal momento che in questi casi il danneggiato normalmente subisce delle lesioni).
L’offerta viene generalmente preceduta da una richiesta di visita medico legale presso un professionista di fiducia della Compagnia per la valutazione dei danni fisici piuttosto che da una richiesta di perizia. In questo caso il danneggiato non può rifiutarsi di acconsentire agli accertamenti. Se si rifiuta il termine di 90 giorni per effettuare l’offerta resta sospeso. Ciò significa che finché il richiedente non si mette a disposizione per la visita non potrà pretendere di essere tutelato davanti al giudice.
Se la documentazione è incompleta la Compagnia deve segnalarlo al richiedente entro 30 giorni e il termine per effettuare l’offerta rimane sospeso finché la documentazione non viene integrata. Questa è ovviamente la situazione più comune dal momento che non sempre il danneggiato è in possesso immediatamente di tutta la documentazione utile a dimostrare l’entità dei danni subiti. Il danno alla persona, infatti, può essere correttamente valutato solo dopo che la vittima ha terminato le cure e la riabilitazione. Solo in questo momento può essere correttamente quantificata la percentuale di invalidità (c.d. invalidità permanente) che l’incidente lascia al danneggiato.
Quando viene formulata l’offerta può accadere che: il danneggiato dichiari di accettare l’offerta:
la Compagnia deve procedere al pagamento entro 15 giorni dal momento in cui riceve l’accettazione;
il danneggiato dichiari di non accettare l’offerta:
la Compagnia deve procedere al pagamento dell’importo previsto nell’offerta medesima entro 15 giorni.
La somma viene considerata quindi un anticipo rispetto al risarcimento complessivo; il danneggiato non si pronunci entro 30 giorni dal momento in cui riceve l’offerta: la Compagnia deve procedere al pagamento dell’importo previsto nell’offerta medesima entro 15 giorni. La somma viene considerata quindi un anticipo rispetto al risarcimento complessivo. In ogni caso il danneggiato può ricorrere al Giudice (sia esso il Giudice di Pace o il Tribunale a seconda dell’importo del danno) solo se il termine per effettuare l’offerta (di 60 o 90 giorni a seconda delle situazioni) è scaduto senza che la Compagnia abbia comunicato le sue intenzioni. Tuttavia questa regola va oggi coordinata con l'obbligo, introdotto dal D.L n. 132/2014, di tentare, prima di ricorrere al Giudice, di trovare una soluzione amichevole con la Compagnia assicuratrice mediante il procedimento di negoziazione assistita con l’assistenza di un avvocato. Questo nuovo procedimento prevede che la parte che ha subito un danno debba invitare la controparte a tentare la conciliazione sottoscrivendo una convenzione con la quale le parti stesse concordano nel cooperare in buona fede e lealtà per risolvere la controversia facendosi assistere ciascuna da degli avvocati. La parte che riceve l'invito ha tempo 30 giorni per dare una risposta. Se in questo termine non fornisce un riscontro oppure offre una risposta negativa è possibile ricorrere al Giudice. Se invece le parti sottoscrivono la convenzione la procedura deve chiudersi (positivamente o meno) in un termine determinato dalla legge.
Coma sappiamo le norme di legge che impongono al conducente di provare di avere fatto tutto il possibile per evitare l’impatto lasciano poco spazio per dimostrare l’assenza di responsabilità. Tuttavia ci sono numerosi casi in cui si può ipotizzare che anche il comportamento del pedone abbia contribuito al verificarsi dell’incidente. Si parla in questo caso di concorso di colpa del pedone.
Tra i più noti si possono ricordare le ipotesi in cui il pedone:
attraversa la strada senza utilizzare le strisce pedonali;
attraversa un incrocio in diagonale venendosi a trovare in una posizione pericolosa.
In questi casi, se il conducente riesce a dimostrare che il pedone non si è attenuto alle regole stabilite dal Codice della Strada può ottenere una riduzione del risarcimento del danno in proporzione all’incidenza che il comportamento del danneggiato ha avuto nel verificarsi dell’impatto. Va però detto che la condotta del pedone non sempre ha una incidenza reale nella dinamica del fatto anche quando viene dimostrata una sua teorica colpa. Si può pensare al caso del pedone che attraversa fuori dalle strisce un rettilineo con piena visibilità da lunghissima distanza e che viene investito da un mezzo che procede a velocità sconsiderata, situazione in cui ben difficilmente sarà possibile ritenere che l’omissione del pedone abbia impedito (anche solo in parte) al conducente del veicolo di evitare l’impatto.
Di regola, la relazione d’incidente redatta dagli organi di polizia fa piena prova fino a querela di falso ex art. 2700 Cod. Civ.
Secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. Cass. Civ., n. 3282 del 15 febbraio 2006) la relazione d’incidente stradale farebbe piena prova fino a querela di falso per quanto attiene alla provenienza e quanto alle dichiarazioni rese dalle parti, nonché agli altri fatti che il pubblico ufficiale che lo redige attesta essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti.
La stesso però non dovrebbe dirsi “con riguardo ai giudizi valutativi che esprima il pubblico ufficiale, né con riguardo alla menzione di quelle circostanze che, in ragione delle modalità affatto repentine del loro accadimento, non siano suscettibili di verifica e controllo secondo un metro sufficientemente obbiettivo, di talchè le stesse possano dar luogo a percezioni sensoriali implicanti margini di apprezzamento”, come recepiti nella relazione d’incidente.
Tanto, si legge anche nella sentenza n. 3014 del 17 febbraio 2017 della Suprema Corte che ha affrontato il caso di un motociclista era stato travolto da un’autovettura, mentre eseguiva un manovra di inversione a U, e così, per l’effetto dell’urto, era sbalzato nell’opposta corsia di marcia, ove era stato investito da un’altra autovettura.
La legge annuale per il mercato e la concorrenza - L. 4 agosto 2017 n. 124 - (data di entrata in vigore 29.08.2017) ha multato parte delle norme previste in materia di “risarcimento danni da sinistro stradale” nonché quelle sulla R.c. auto riguardante l'aspetto della dichiarazione testimoniale.Inutile dirlo, in caso di sinistro stradale ed in assenza di immediato accertamento della dinamica dell’incidente da parte della Pubblica Autorità, la maggior parte dei sinistri viene “decisa” dalla presenza di testimoni.
Capita tuttavia, e sempre più frequentemente, di veder letteralmente spuntare testimoni mai indicati nel modello CAI, né successivamente indicati alla Compagnia di Assicurazione chiamati a fare la dichiarazione testimoniale che ricordano, con dovizia di particolari, la dinamica di un incidente magari verificatisi 6 o 7 anni prima!Fortunatamente, spesso e volentieri l’occhio vigile del Giudice è in grado di captare e scovare il “teste di professione”, arrivando sino alla trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica per l’accertamento dell’eventuale commissione del reato di falsa testimonianza nell'incidente stradale.Capita invece a volte che quando i testimoni vengono ascoltati in contraddittorio tra gli avvocati (cioè senza la supervisione del Giudice) che il testimone di “Professione” riesca ad influenzare le sorti del Giudizio con la sua dichiarazione.Proprio per tentare di arginare questo fenomeno, la nuova legge sulla concorrenza ed il mercato del 2017 ha stabilito che per quanto riguarda i sinistri stradali con soli danni a cose chi non indica all’assicurazione, contestualmente alla denuncia di sinistro o nei 60 giorni successivi (o ancora entro 60 giorni dall’invito dell’assicurazione), il nome dei testimoni intervenuti sul luogo dell’incidente, perde definitivamente la possibilità di avvalersene nell’eventuale giudizio civile instaurato per richiedere il risarcimento del danno. Tuttavia, qualora la parte provi che l’indicazione tempestiva del testimone si è rivelata impossibile, il Giudice può discrezionalmente disporre l’audizione del teste. Chiaramente, tale norma fa salva l’eventuale indicazione dei testi effettuata ad opera delle Autorità di Pubblica Sicurezza intervenute in loco al momento del sinistro.
L’ammissione di responsabilità resa dall’automobilista nell’immediatezza del fatto, in assenza del proprio avvocato, non può essere utilizzata come prova a suo carico nell’ambito di un eventuale processo penale per lesioni. Il codice di procedura penale infatti, prevede che se davanti all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria una persona non imputata ovvero una persona non sottoposta alle indagini rende dichiarazioni dalle quali emergono indizi di reità a suo carico, l’autorità procedente ne interrompe l’esame, avvertendola che a seguito di tali dichiarazioni potranno essere svolte indagini nei suoi confronti e la invita a nominare un difensore. Le precedenti dichiarazioni non possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese. Come chiarito dalla Cassazione le dichiarazioni spontanee rese all’agente di polizia locale, intervenuto sul luogo di un sinistro stradale e, successivamente, verbalizzate con sottoscrizione di dichiarante e verbalizzante, possono essere acquisite al fascicolo del dibattimento per la sopravvenuta impossibilità di ripetizione delle stesse.
Le dichiarazioni rese dal danneggiato nel verbale della polizia non costituiscono una prova a suo vantaggio. In caso di sinistro stradale, tale prova non può essere desunta solo dal rapporto redatto dagli agenti che non hanno personalmente assistito al sinistro, ma si sono limitati ad intervenire poco dopo il fatto ed a raccogliere le dichiarazioni rese dalla vittima. La prova deve formarsi dinanzi al giudice e non può essere precostituita fuori dal contraddittorio delle parti.
In caso di scontro tra veicoli, se il modulo di constatazione amichevole dell’incidente (Cid) viene firmato di comune accordo dai conducenti coinvolti nel sinistro, si presume che lo scontro si sia verificato nelle circostanze, con le modalità e con le conseguenze risultanti dal modulo stesso. In pratica, i firmatari del Cid si vincolano a quanto da essi stessi dichiarato e non possono, in un momento successivo, discostarsi da tale rappresentazione dei fatti. Il modulo di constatazione amichevole funge, quindi, da confessione. Tuttavia, la loro ricostruzione non è vincolante per il giudice che ben potrebbe accertare una diversa dinamica del sinistro anche dietro prova contraria dell’assicurazione. Come chiarito dalla Cassazione, in materia di responsabilità da sinistro stradale, ogni valutazione sulla portata confessoria del modulo di constatazione amichevole dell’incidente deve ritenersi preclusa dall’esistenza di un’accertata incompatibilità oggettiva tra il fatto come descritto in tale documento e le conseguenze del sinistro come accertate in giudizio. Diversamente, il modulo Cid che non sia stato compilato in tutte le sue parti perde l’efficacia di prova legale e le dichiarazioni in esso contenute vengono considerate, ai fini della ricostruzione della dinamica dell’incidente, meri argomenti di prova da valutarsi, unitamente agli elementi probatori, secondo il libero apprezzamento del giudice.
In caso di incidente stradale, è importante porre in essere alcune attività che risulteranno indispensabili per individuare le rispettive responsabilità civili e penali e per ottenere il giusto risarcimento. Dopo aver verificato che non vi siano feriti, perchè in tal caso sarà necessario prima di tutto chiamare i soccorsi sanitari e le forze dell’ordine, è doveroso posizionare il segnale di emergenza per avvisare l’incidente agli altri automobilisti.
Sarà, quindi, opportuno fare dei rilievi fotografici che permetteranno successivamente di individuare esattamente la posizione dei veicoli e dei relativi danni, eventuali tracce di frenata o di elementi presenti sul manto stradale come buche, detriti, depositi che hanno contribuito a causare l’incidente. Qualora sia impossibile rimuovere i veicoli o per conflittualità sulla dinamica dell’incidente, sarà opportuno l’intervento delle forze dell’ordine che provvederanno ai rilievi fotografici sia del luogo del sinistro che sulla posizione dei veicoli. Tali accertamenti concorreranno alla predisposizione del verbale utile alla definizione della dinamica dell’incidente. Sarà utile indicare anche i nominativi di eventuali testimoni.
Spetta il risarcimento anche per vestiario, casco ed eventuali oggetti danneggiati (tipo il cellulare, che è frequente si rompa); presentate tutto al perito, e se avete conservato qualche scontrino d'acquisto portatelo. ovviamente non vi potranno dare il valore al nuovo, ma una quota di risarcimento che viene valutata di volta in volta.
Secondo recenti dati Aci-Istat, nel 2016 in Italia sono stati registrati, in presenza dì avverse condizioni meteo, 19.631 incidenti stradali, con 337 morti e 28.804 feriti. Al maltempo, quindi, sono associati l’11,2% dei 175.791 sinistri rilevati in Italia, il 10,3% dei 3.283 decessi e l’11,6 per cento dei 249.175 infortunati stradali. Tra ì fenomeni meteorologici più pericolosi per la circolazione veicolare, la pioggia si distingue per essere la condizione durante la quale si verifica il maggior numero di sinistri: 17.192, molti di più di quanti se ne osservano in presenza di nebbia (1.939), vento forte (262), neve (182), o grandine (56). Se, però, si considerano le conseguenze, gli incidenti che avvengono in concomitanza della nebbia sono molto più letali, con una media di 2,5 morti ogni 100 sinistri (con il vento forte se ne contano 1,9, con la pioggia 1,6 e con la neve 0,5). Mentre i più alti indici di lesività si registrano quando ci sono grandine (169,6 feriti ogni 100 incidenti), neve (168,7), pioggia (146,7) o nebbia (145,6). In ogni caso, sia l’indice di mortalità che quello di lesività in presenza dì maltempo sono maggiori rispetto a quelli rilevati in condizioni di tempo sereno (pari, rispettivamente, a 1,9 e 140,7). In situazioni meteo avverse, dunque, aumentano i rischi sulle strade e, perciò, occorre seguire una condotta di guida ancora più responsabile e prudente. In particolare, quando piove è opportuno procedere ad andatura moderata, evitando bruschi cambiamenti di velocità ed improvvise sterzate. In proposito, estremamente insidioso è il fenomeno dell’aquaplaning (quando cioè tra pneumatico e fondo stradale si forma uno strato d’acqua che provoca una rapida perdita di aderenza), che rischia di far perdere il controllo del veicolo, soprattutto se si viaggia a velocità sostenuta, con pneumatici sgonfi e battistrada usurato. Altri pericoli possono essere rappresentati dalle pozzanghere, quando - come spesso accade - non se ne conosce la profondità. I rischi insiti nella ridotta aderenza, inoltre, impongono una maggiore attenzione alla distanza di sicurezza da osservare che, a seconda delle condizioni, va aumentata considerevolmente, onde evitare brusche frenate che sul terreno bagnato possono rendere ingovernabile il veicolo. Si tenga conto che nelle frenate di emergenza con blocco delle ruote, su terreno bagnato, i principali pericoli a cui si va incontro sono l’allungamento dello spazio di arresto e l’incontrollabilità del veicolo che non risponde ai comandi dello sterzo. Comunque, il Codice della Strada stabilisce che, in caso di precipitazioni atmosferiche di qualsiasi natura, la velocità massima non può superare i 110 chilometri orari sulle autostrade ed i 90 km/h sulle strade extraurbane principali. Quando si guida in presenza di nebbia, neve, forte pioggia e, comunque, in tutte le condizioni di scarsa visibilità è obbligatorio tenere accese le luci di posizione, quelle della targa ed i proiettori anabbaglianti. Un’attenzione particolare è opportuno dedicarla al parabrezza che deve essere tenuto sempre pulito ed in uno stato tale da garantire all’automobilista un’ampia capacità visiva. Motivo questo che impone di controllare periodicamente i sistemi di disappannamento dei vetri ed i tergicristalli. Questi ultimi, in particolare, svolgono un compito molto importante in presenza di maltempo e pioggia a dirotto: un loro eventuale cattivo funzionamento potrebbe, infatti, creare seri inconvenienti a chi è al volante del veicolo. In presenza di nebbia, poi, bisogna accendere, anche di giorno e sempre che il veicolo ne sia dotato, i proiettori fendinebbia anteriori. Se la visibilità è inferiore a 50 metri, si deve usare anche la luce posteriore per nebbia, se disponibile, mentre la velocità va mantenuta nei limiti imposti dalla visibilità di oggetti non emettitori dì luce. Occorre, infatti, mettersi nella condizione di poter percepire in tempo utile la presenza di un ostacolo e di poter poi arrestare il veicolo, evitando l’errore di tenere l’andatura di chi è davanti, seguendone le luci: non c’è nessuna garanzia che quel conducente abbia una visibilità migliore della propria.
Risarcimento delle spese mediche in caso di sinistro stradale: come funziona? In caso di sinistro stradale in cui il danneggiato ha riportato danni fisici, la Compagnia di Assicurazione è obbligata a rimborsare anche le spese mediche affrontate e rese necessarie per le cure subite dal danneggiato dal sinistro stradale. Le spese mediche che la compagnia di assicurazione dovrà risarcire non sono esclusivamente quelle già sopportate per le cure effettuate ma possono essere riconosciute anche spese mediche future necessarie e conseguenti al danno subito nell’incidente stradale. Pensiamo per esempio alle spese mediche rese necessarie da un sinistro stradale che abbia comportato un danno all’arcata tempo mandibolare, per esempio con una sub lussazione delle ATM, che renda necessaria una fisioterapia gnatologica con bite plane. Questa spesa medica resa necessaria dalle lesioni subito dal sinistro stradale, non si esaurisce nei tempi immediatamente successivi al sinistro stradale, ma negli anni il danneggiato dovrà sostenere la spesa medica per altri bite plan che dovranno esser previsti e calcolati quale spesa medica futura.
In questi casi, la responsabilità viene normalmente addebitata in capo al veicolo che ha dato luogo al tamponamento, poiché l'art. 141 del Codice della Strada afferma che "è obbligo del conducente regolare la velocità del veicolo in modo che avuto riguardo alle caratteristiche, allo stato ed al carico del veicolo stesso, alle caratteristiche e alle condizioni della strada e del traffico e ad ogni altra circostanza di qualsiasi natura, sia evitato ogni pericolo per la sicurezza delle persone e delle cose ed ogni altra causa di disordine per la circolazione". Pertanto, si presume che la colpa sia di chi tampona, a causa dell'inosservanza delle prescritte distanze di sicurezza che avrebbero consentito un adeguato spazio di frenatura e manovra; ciò a meno che il tamponatore non dimostri che il sinistro si è verificato per causa a lui non imputabile (ad es. a causa di un comportamento abnorme della vettura tamponata).
Ipotesi molto frequente e maggiormente problematica per quanto riguarda l'individuazione del "colpevole" è quella dei cc.dd. tamponamenti a catena, ovverosia quelli che coinvolgono diverse autovetture l'una dietro l'altra.
In simili ipotesi, per individuare il responsabile, è necessario effettuare una distinzione tra il sinistro avvenuto tra veicoli fermi in colonna e quello avvenuto tra veicoli in movimento. Nell'ipotesi di colonna di veicoli ferma(ad esempio perché in coda dinanzi a un semaforo rosso, bloccati nel traffico, ecc.) la giurisprudenza ha ritenuto che la responsabilità vada addebitata al conducente dell'ultimo veicolo, ossia a colui che, con la sua condotta, genera la prima collisione dalla quale promanano i successivi tamponamenti.
Pertanto, in caso di scontri successivi fra veicoli facenti parte di una colonna in sosta, unico responsabile delle conseguenze delle collisioni è il conducente che le abbia determinate tamponando da tergo l'ultimo dei veicoli della colonna (cfr. Cass., n. 8646/2003; Cass., n. 18234/2008).
Le richieste risarcitorie andranno, pertanto, rivolte al veicolo che ha cagionato il primo tamponamento. Diverso è il caso in cui il tamponamento a catena coinvolga autoveicoli in movimento.
In simile ipotesi, per giurisprudenza costante (si veda, da ultimo, Cass. 27 aprile 2015 n. 8481) occorre fare riferimento all'art. 2054 c.c., comma 2il quale sancisce che "nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subito dai singoli veicoli". Di conseguenza, opera la presunzione iuris tantum di colpa in forza della quale devono ritenersi responsabili del sinistro, in eguale misura, entrambi i conducenti di ciascuna coppia di veicoli (tamponante e tamponato), a causa dell'inosservanza della distanza di sicurezza rispetto al veicolo antistante(Cass., n. 4021/2013). In pratica, la presunzione fa scattare in capo ad ogni conducente la responsabilità nei confronti del veicolo che gli sta davanti, per i danni che questa abbia subito nella sua parte posteriore. In caso di tamponamenti a catena di veicoli in movimento, il rinvio all'articolo 2054 c.c. lascia salva la possibilità di fornire adeguata prova liberatoria e di essere così tenuto indenne all'addebito di responsabilità.
Tale prova avrà come oggetto l'aver fatto tutto il possibile, una volta tamponati, per evitare di tamponare il veicolo davanti, rispetto al quale erano comunque rispettate le distanze di sicurezza.
Si pensi, ad esempio, al caso in cui si riesca a provare che l'urto con il veicolo anteriore non sia derivato dall'eccessiva vicinanza con lo stesso ma solo ed esclusivamente dall'eccessiva velocità del veicolo proveniente da tergo. Resta da dire che, come è evidente, il primo veicolo della colonna (il quale viene tamponato, ma non tampona nessun altro) non avrà mai alcuna responsabilità. L'ipotesi del tamponamento a catena, vedendo il coinvolgimento di più veicoli, rientra tra quelle che esulano dal campo di applicazione del sistema del cd. indennizzo diretto.
Di conseguenza, la domanda risarcitoria non andrà mai inoltrata alla propria compagnia di assicurazione. A seconda dei casi, occorrerà rivolgersi o al veicolo direttamente tamponante (in ipotesi di veicoli in movimento) o all'ultimo veicolo, che ha dato origine all'incidente complessivo (in ipotesi di veicoli incolonnati in sosta).
Il trasportato su uno dei veicoli coinvolti, tuttavia, dovrà sempre richiedere i danni alla compagnia che assicura il mezzo sul quale si trovava al momento dello scontro.
Ecco alcune sentenze interessanti che si sono occupate di tamponamento a catena:
In tema di circolazione stradale, nell'ipotesi di tamponamento a catena tra veicoli in movimento trova applicazione l'art. 2054, comma 2, c.c., con conseguente presunzione iuris tantum di colpa in eguale misura di entrambi i conducenti di ciascuna coppia di veicoli (tamponante e tamponato), fondata sull'inosservanza della distanza di sicurezza rispetto al veicolo antistante, qualora non sia fornita la prova liberatoria di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. Nel caso, invece, di scontri successivi fra veicoli facenti parte di una colonna in sosta, unico responsabile degli effetti delle collisioni è il conducente che le abbia determinate, tamponando da tergo l'ultimo dei veicoli della colonna stessa.
La pretesa violazione dell'art. 2054 2° co. c.c. non sussiste, in quanto esso ha funzione meramente sussidiaria, operando solo nel caso in cui non sono accertabili, mediante indagini specifiche sulle concrete modalità del sinistro, le singole responsabilità. In altri termini la presunzione rileva quando non sia possibile accertare l'incidenza delle singole colpe nella causazione dell'evento e non è possibile stabilire la proporzione tra le colpe concorrenti dei conducenti.
In tema di circolazione stradale, nell'ipotesi di tamponamento a catena tra veicoli in movimento trova applicazione l'art. 2054, comma 2, c.c., con conseguente presunzione iuris tantum di colpa in eguale misura di entrambi i conducenti di ciascuna coppia di veicoli (tamponante e tamponato), fondata sull'inosservanza della distanza di sicurezza rispetto al veicolo antistante, qualora non sia fornita la prova liberatoria di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. Nel caso, invece, di scontri successivi fra veicoli facenti parte di una colonna in sosta, unico responsabile degli effetti delle collisioni è il conducente che le abbia determinate, tamponando da tergo l'ultimo dei veicoli della colonna stessa.
In tema di tamponamento a catena sull'autostrada, spetta al conducente dimostrare che il mancato tempestivo arresto del veicolo e la collisione sono stati provocati dalla presenza di una chiazza di gasolio sull'asfalto; l'incidente, infatti, pone a carico dell'automobilista una presunzione "de facto" di inosservanza della distanza di sicurezza, escludendo, pertanto, l'applicazione della presunzione di pari colpa di cui dell'art. 2054 c.c.
È corretta l'attribuzione del 10% di corresponsabilità all'automobilista che, coinvolto in un tamponamento a catena, con l'auto in avaria in ultima posizione, viene travolto da altra auto sopraggiunta per essersi trattenuto sulla sede stradale, anziché mettersi al riparo, come aveva fatto la moglie, assumendo di essersi voluto occupare di eventuali feriti, circostanza rivelatasi non vera, ma piuttosto per indulgere a constatare l'entità dei guasti, mentre egli avrebbe dovuto subito allontanarsi, essendo del tutto prevedibile l'arrivo di altre vetture e notorio che la velocità delle vetture in autostrada è elevata con rischio di difficile o mancato controllo dei mezzi.
Trib. Milano 6 giugno 1994
Nel tamponamento a catena di veicoli, qualora manchi la prova della presunzione di causazione di ciascun danno, trova applicazione il principio della presunzione di cui all'art. 2054, comma 2 c.c. secondo il quale deve presumersi che tutti i conducenti, la cui condotta colposa potrebbe avere causato il danno in questione, abbiano ugualmente concorso alla sua produzione.
Al contempo, la presunzione semplice di pari responsabilità di cui all'art. 2054 c.c. rimane assorbita o superata dalla presunzione "de facto" dell'inosservanza della distanza di sicurezza a carico del conducente del veicolo che segue, sicché il conducente del veicolo che precede va ritenuto non responsabile della collisione, a meno che risulti che egli non abbia lasciato al conducente dell'auto che lo segue alcuna possibilità di manovrare utilmente per evitare l'evento dannoso.
I reati di fuga e omissione di soccorso a seguito di incidente stradale trovano il proprio referente normativo nell’art. 189 d.lgs. n. 285/1992 (Codice della Strada), il quale, nel descrivere il comportamento che l’utente della strada deve tenere in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, stabilisce un “crescendo” di obblighi in relazione alla maggiore delicatezza delle situazioni che si possono presentare: viene così sancito l’obbligo di fermarsi in ogni caso, cui si aggiunge, allorché vi siano persone ferite, quello di prestare loro assistenza.
L’art. 189 sanziona, in particolare, tre possibili comportamenti che si possono realizzare in caso di sinistro stradale:
la condotta di chi non si ferma dopo un incidente senza feriti, punita con una mera sanzione amministrativa pecuniaria da 296 a 1.184 euro (comma 5). Se il danno procurato all’altro veicolo è grave, può operare anche l’obbligo di sottoporre a revisione l’auto e la sospensione della patente da 15 giorni a 2 mesi; la condotta di chi non si ferma dopo un incidente con feriti, punita con la reclusione da 6 mesi a 3 anni, nonché con la sospensione della patente di guida da 1 a 3 anni (comma 6), con possibilità di arresto in flagranza; la condotta di chi non presta i soccorsidopo un incidente con feriti, punita con la reclusione da 1 a 3 anni e con la sospensione della patente di guida per un periodo non inferiore ad 1 anno e 6 mesi e non superiore a 5 anni (comma 7).
La violazione dell’obbligo di fermarsi dopo un incidente con danno alle persone e quella dell’obbligo di prestare loro assistenza integrano due distinte ipotesi di reato, lesive di distinti beni giuridici ed attinenti, nel caso dell’inosservanza dell’obbligo di fermarsi, alla necessità di accertare le modalità dell’incidente e di identificare coloro che rimangono coinvolti in incidenti stradali e, nel caso di omissione di soccorso, a principi di comune solidarietà; in caso di infrazione di entrambi gli obblighi, si avrà pertanto un concorso materiale di reati (Sez. 4, n. 10006/2001).
Il reato di fuga, in caso di investimento di persona, ha natura di reato omissivo di pericolo, il cui elemento materiale consiste nell’allontanarsi dell’agente dal luogo dell’investimento così da impedire o comunque, ostacolare l’accertamento della propria identità personale, l’individuazione del veicolo investitore e la ricostruzione delle modalità dell’incidente.
Il reato di fuga ha, inoltre, natura di reato istantaneo che si perfeziona nel momento in cui il conducente del veicolo investitore viola l’obbligo di fermarsi, ponendo in essere, con il semplice allontanamento, una condotta contraria al precetto di legge.
La Corte di legittimità ha, altresì, precisato e che integra il reato di cui all’art. 189, comma 1 e 6 (cosiddetto reato di fuga), la condotta di colui che – in occasione di un incidente ricollegabile al suo comportamento da cui sia derivato un danno alle persone – effettui sul luogo del sinistro una sosta momentanea, senza consentire la propria identificazione, né quella del veicolo. Infatti il dovere di fermarsi sul posto dell’incidente deve durare per tutto il tempo necessario all’espletamento delle prime indagini rivolte ai fini dell’identificazione del conducente stesso e del veicolo condotto, perché, ove si ritenesse che la durata della prescritta fermata possa essere anche talmente breve da non consentire ne’ l’identificazione del conducente, nè quella del veicolo, ne’ lo svolgimento di un qualsiasi accertamento sulle modalità dell’incidente e sulle responsabilità nella causazione del medesimo, la norma stessa sarebbe priva di ratio e di una qualsiasi utilità pratica (così Sez. 4 n. 20235/2001; Sez. 4, n. 20235/2006; Sez. 4, n. 42308/2017; Sez. 4, n. 9218/2012).
Ai fini della configurabilità del reato, il dolorichiesto deve investire, innanzitutto ed essenzialmente, l’omesso obbligo di fermarsi in relazione all’evento dell’incidente, ove questo sia concretamente idoneo a produrre eventi lesivi (sez. 4, n. 3452/2019). Ed il dolo richiesto per la punibilità può essere integrato anche dal solo dolo eventuale, non essendo necessario il dolo intenzionale (Sez. 4, n. 3568/2009), da apprezzarsi – per verificarne la sussistenza – avendo riguardo alle circostanze fattuali del caso, laddove queste, ben percepite dall’agente, siano univocamente indicative di un incidente idoneo ad arrecare danno alle persone.
Quanto poi all’obbligo di prestare assistenza (art. 189 co. 7 CdS), anche per tale reato è pacifico che l’elemento soggettivo del detto reato ben può essere integrato dal semplice dolo eventuale, cioè dalla consapevolezza del verificarsi di un incidente, riconducibile al proprio comportamento che sia concretamente idoneo a produrre eventi lesivi ed avente connotazioni tali da evidenziare, in termini di immediatezza, la probabilità, o anche solo la possibilità, che dall’incidente sia derivato danno alle persone e che queste necessitino di soccorso (Sez. 4, n. 33772/2017).
La sussistenza o meno di un effettivo bisogno di aiuto da parte della persona infortunata non è elemento costitutivo del reato, che è integrato dal semplice fatto che in caso d’incidente stradale con danni alle persone non si ottemperi all’obbligo di prestare assistenza (Sez. 4, n. 3452/2019). E costituisce ius receptum che tale condotta, va tenuta a prescindere dall’intervento di terzi, poiché si tratta di un dovere che grava su chi si trova coinvolto nell’incidente medesimo (cfr. ex multis Sez. 4, n. 8626/2008).
Incidenti stradali rapporti tra processo penale e processo civile
Talvolta da un incidente stradale può derivare una vera e propria responsabilità penale in capo al soggetto che ha provocato il sinistro. Pensiamo al caso in cui l’incidente stradale determini la morte di una persona, oppure all’ipotesi in cui le violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale determino delle lesioni gravi o gravissime ad altri soggetti.
In entrambe le situazione prospettate sarà necessario avviare un procedimento penale al fine di accertare una responsabilità in capo al soggetto danneggiante, potendosi configurare le ipotesi di reato disciplinate dall’art. 589 e 590-bis del codice penale.
L’avvio del giudizio penale non precluderà la possibilità per il danneggiato (o dei suoi parenti in caso di decesso di quest’ultimo) di agire per ottenere il risarcimento dei danni patiti.
Ci si potrebbe quindi domandare come possano legale tra loro l’azione civile (volta ad ottenere il risarcimento del danno) e l’azione penale, volta all’accertamento della fattispecie di reato.
Incidenti stradali rapporti tra processo penale e processo civile: Art. 74 c.p.p. Norma centrale risulta essere l’art. 74 del codice di procedura penale il quale, disciplinando la costituzione di parte civile prevede: Art. 74 c.p.p.
L’azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno di cui all’articolo 185 del codice penale può essere esercitata nel processo penale dal soggetto al quale il reato ha recato danno ovvero dai suoi successori universali, nei confronti dell’imputato e del responsabile civile. In altre parole il riportato articolo consente a chi abbia subito un danno in corrispondenza di reato, di avanzare apposita richiesta risarcitoria direttamente in sede penale.
Incidenti stradali rapporti tra processo penale e processo civile. Ovviamente il soggetto danneggiato dal reato, costituendosi parte civile, dovrà dimostrare gli estremi del fatto, del danno, del rapporto di causalità (e quindi del collegamento) tra danno e ipotesi di reato, dell’elemento psicologico. La pretesa risarcitoria, in tale caso, diventa quindi il mezzo attraverso il quale la parte danneggiata interloquisce non soltanto al fine di ottenere il risarcimento del danno, ma l’affermazione della penale responsabilità del colpevole e di conseguenza la sua punizione.
Si tenga comunque il considerazione che il danneggiato potrà costituirsi parte civile nel processo penale solo dopo l’udienza preliminare ma prima degli atti introduttivi del dibattimento: una volta aperto il dibattimento non sarà più possibile intervenire nel processo penale per avanzare la propria pretesa risarcitoria derivante da incidente stradale.
Incidenti stradali rapporti tra processo penale e processo civile: tempistiche. Se la costituzione avviene nel corso dell’udienza preliminare o in dibattimento, la dichiarazione è presentata direttamente in udienza. Qualora la costituzione avvenga fuori udienza, deve essere depositata nella cancelleria del giudice che procede e notificata alle parti della stessa parte civile. La costituzione pertanto produrrà i suoi effetti dal giorno nel quale la notificazione è eseguita ed in ogni stato e grado del processo (c.d. immanenza della parte civile).
Importante è il momento della costituzione della parte civile ai fini della lista testi.
Incidenti stradali rapporti tra processo penale e processo civile: Art. 468 c.p.p. L’art. 468 c.p.p. prevede infatti che le parti che intendono chiedere l’esame di testimoni, periti o consulenti tecnici, devono depositare in cancelleria, almeno sette giorni prima della data fissata per il dibattimento, la lista con l’indicazione delle circostanze su cui deve vertere l’esame.
Conseguentemente se la costituzione di parte civile avviene dopo la scadenza del termine individuato dall’art.468 c.p.p., la parte non potrà avvalersi della facoltà di chiedere l’ammissione di testi, periti, consulenti tecnici.
Incidenti stradali rapporti tra processo penale e processo civile: ulteriori articoli Tuttavia la costituzione di parte civile nel processo penale non è l’unica via fornita al danneggiato per ottenere il risarcimento dei danni patiti.
Nell’ordinamento processuale vigente è comunque offerta al danneggiato la possibilità di scegliere se agire in sede civile o penale.
Nel caso in cui vengano a coesistere due giudizi (uno in sede civile e un altro in sede penale) avente ad oggetto lo stesso incidente stradale, il coordinamento tra gli stessi viene garantito dall’art. 75 c.p.p.
L’azione civile proposta davanti al giudice civile può essere trasferita nel processo penale fino a quando in sede civile non sia stata pronunciata sentenza di merito anche non passata in giudicato. L’esercizio di tale facoltà comporta rinuncia agli atti del giudizio; il giudice penale provvede anche sulle spese del procedimento civile. L’azione civile prosegue in sede civile se non è trasferita nel processo penale o è stata iniziata quando non è più ammessa la costituzione di parte civile. Se l’azione è proposta in sede civile nei confronti dell’imputato dopo la costituzione di parte civile nel processo penale o dopo la sentenza penale di primo grado, il processo civile è sospeso fino alla pronuncia della sentenza penale non più soggetta a impugnazione, salve le eccezioni previste dalla legge. Incidenti stradali rapporti tra processo penale e processo civile: analisi dell’art. 75 c.p.p.
Il primo comma prevede la possibilità di trasferire l’azione civile in sede penale fin quando non sia intervenuta sentenza di merito. Il trasferimento determinerà però la rinuncia dell’attore al giudizio civile, sicché il giudice civile dovrà anche d’ufficio dichiarare l’estinzione del processo, senza che sia necessario il consenso della controparte.
Nell’ipotesi prevista dal comma 2 dello stesso articolo, se l’azione civile non è trasferita nel processo penale o è stata iniziata quando non è più ammessa costituzione di parte civile, l’azione risarcitoria prosegue in sede civile.
Se l’azione è proposta in sede civile nei confronti dell’imputato dopo la costituzione di parte civile nel processo penale o dopo la sentenza penale di primo grado, il giudizio civile dovrà essere sospeso fino alla pronuncia della sentenza definitiva.
L’art. 75 c.p.p., al secondo comma, prevede quindi anche l’ipotesi in cui il giudizio penale e quello civile procedano su due binari diversi, ignorandosi reciprocamente.
In tale ipotesi entrano in gioco gli artt. 651, 652, i quali disciplinano l’effetto della sentenza penale sul giudizio civile.
Incidenti stradali rapporti tra processo penale e processo civile: Art. 651 c.p.p. La sentenza penale irrevocabile di condanna pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato, quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illecità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del condannato e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale. La stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di condanna pronunciata a norma dell’articolo 442, salvo che vi si opponga la parte civile che non abbia accettato il rito abbreviato.
La sentenza penale irrevocabile di condanna pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato, quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso dal danneggiato nell’interesse dello stesso, sempre che il danneggiato si sia costituito o sia stato posto in condizione di costituirsi parte civile, salvo che il danneggiato dal reato abbia esercitato l’azione in sede civile a norma dell’art. 75 comma 2. La stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di assoluzione pronunciata a norma dell’art. 442, se la parte civile ha accettato il rito abbreviato.
L’art. 651 c.p.p. stabilisce che la sentenza penale irrevocabile di condanna produce i suoi effetti anche in sede civile, costringendo il giudice civile a riconoscere la pretesa risarcitoria del danneggiato: il soggetto riconosciuto responsabile penalmente subirà quindi anche una corrispondente condanna in sede civile.
L’art. 652 c.p.p. ci dice invece che questa espansione del giudicato non opera quando il giudizio penale si conclude, non con una sentenza di condanna, ma di assoluzione: in questo secondo caso il giudice civile non sarà vincolato dalla sentenza assolutoria pronunciata dal giudice penale. Conseguentemente ad una sentenza di assoluzione in sede penale potrà corrispondere una di condanna al risarcimento dei danni in sede civile.
In virtù di quanto sopra esposto, in determinate situazioni, il danneggiato potrà scegliere se costituirsi parte civile nel giudizio penale o avviare un autonomo giudizio in sede civile.
Nel scegliere la via da intraprendere il danneggiato dovrà tenere conto di una serie di fattori.
Fattori da seguire: Il primo fattore è l’obiettivo perseguito: una condanna del danneggiante in sede civile potrà infatti garantire il mero risarcimento del danno (per lo più liquidato dall’impresa assicuratrice del responsabile del sinistro), mentre una condanna in sede penale colpirà direttamente la persona del danneggiante garantendo una funzione punitiva direttamente nei confronti di quest’ultimo.
Un secondo fattore è il tempo: nel giudizio penale occorrerà attendere l’esito delle indagini del pubblico ministero prima di poter costituirsi parte civile, ed in particolare occorrerà attendere la notifica del decreto di citazione a giudizio. Tali preclusioni non saranno invece presenti in sede civile.
Anche i tempi di prescrizione saranno diversi, dovendosi rispettare in caso di costituzione di parte civile nel processo penale i termini di prescrizione propri del reato; mentre nel caso di giudizio civile andrà rispettato quanto già detto precedentemente in merito al computo e alla decorrenza dei termini prescrizionali.
Da ultimo si consideri come talvolta il giudizio penale si concluda con una generica condanna in capo al responsabile del sinistro in merito al risarcimento del danno, dovendosi poi rimettere al giudice civile per la quantificazione dello stesso.
Gli aspetti da tenere in considerazione, necessari per orientarsi nella scelta dell’azione da promuovere sono quindi più di uno.
Per questo è consigliabile rivolgersi ad un avvocato esperto in sinistri stradali, il quale potrà certamente guidarvi verso l’opzione più opportuna in relazione alla vostra specifica situazione e alle vostre concrete necessità.
Il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, istituito con legge n. 990 del 1969 (abrogata con l'entrata in vigore del Codice delle Assicurazioni Private), operativo dal 12 giugno 1971, è amministrato, sotto la vigilanza del Ministero dello Sviluppo Economico, dalla Consap con l'assistenza di un apposito Comitato, presieduto dal Presidente della Società, o in sua vece, dall'Amministratore Delegato, composto da rappresentanti del Ministero dello Sviluppo Economico, del Ministero dell'Economia e delle Finanze, di Consap, dell'Ivass, delle imprese di assicurazione e dei consumatori.
La liquidazione dei danni, per i casi indicati di seguito, ai sensi dell'art. 286 del D.Lgs. 209/2005, è effettuata a cura delle Imprese Designate dall'Ivass con provvedimento valido per un triennio (il provvedimento in vigore dal 1 luglio 2015 è il n. 32 del 19 maggio 2015).
L'intervento del Fondo per i casi indicati di seguito, è limitato al massimale di legge vigente al momento del sinistro (dall'11 giugno 2017 € 6.070.000,00 nel caso di danni alle persone, per sinistro; €1.220.000,00 nel caso di danni alle cose, per sinistro.
Precedentemente a far data dall'11 giugno 2012 € 5.000.000,00 per danni a persona per sinistro, € 1.000000,00 per danni a cose per sinistro; a far data dall'11 dicembre 2009, € 2.500.000,00 per danni a persona per sinistro ed € 500.000,00 per danni a cose per sinistro.
Ipotesi A - veicoli o natanti non identificati, per soli danni alla persona (dal 24 novembre 2007, a seguito del decreto legislativo n.198 del 6 novembre 2007, il risarcimento è dovuto anche per i danni alle cose, con una franchigia di Euro 500,00, in caso di danni gravi alla persona).
Ipotesi B - veicoli o natanti non assicurati, per danni alla persona nonché per danni alle cose con una franchigia, per quest'ultimi, di Euro 500,00 (dal 24 novembre 2007, a seguito del decreto legislativo n.198 del 6 novembre 2007, i danni alle cose verranno risarciti integralmente).
Ipotesi C - veicoli o natanti assicurati con Imprese poste in liquidazione coatta amministrativa. In questa ipotesi si distinguono le seguenti tre procedure, di cui solo la terza attualmente attiva:
Liquidazione dei danni a cura del Commissario liquidatore dell'Impresa in liquidazione coatta amministrativa, nei casi di sinistri causati da veicoli o natanti assicurati con imprese che al momento del sinistro si trovino in stato di liquidazione coatta amministrativa o vi vengano poste successivamente, i cui Commissari liquidatori siano stati autorizzati, anche per conto del Fondo di Garanzia per le vittime della Strada, alla liquidazione dei danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti (art. 293 del D.lgs. n. 209 del 07.09.2005). Liquidazione dei danni a cura dell'Impresa Cessionaria, nei casi di sinistri causati da assicurati con polizze di Imprese il cui portafoglio r.c. auto è stato trasferito ad altra Compagnia. Liquidazione dei danni a cura dell'Impresa Designata, nei casi di sinistri causati da veicoli o natanti assicurati con imprese che al momento del sinistro si trovino in stato di liquidazione coatta amministrativa o vi vengano poste successivamente e per le quali non si verifichino le condizioni indicate ai due punti precedenti (art. 286 del D.lgs. n. 209 del 07.09.2005).
Ipotesi D - veicoli posti in circolazione contro la volontà del proprietario, sia per i danni alla persona che per i danni alle cose.
Ipotesi Dbis - sinistri causati da veicoli spediti nel territorio della Repubblica Italiana da un altro Stato dello Spazio Economico Europeo(Paesi della UE + Islanda, Norvegia e Lichtenstein) avvenuti nel periodo intercorrente dalla data di accettazione della consegna del veicolo e lo scadere del termine di 30 giorni (Art. 283, comma 1, lett. d-bis), sia per i danni alla persona che per i danni alle cose. Ipotesi Dter - sinistri causati da veicoli esteri con targa non corrispondente o non più corrispondente allo stesso veicolo (Art. 283, comma 1, lett. d-ter), sia per i danni alla persona che per i danni alle cose.